Terzo Settore: cos’è
Il terzo settore identifica un insieme di enti privati che svolgono un’attività senza scopo di lucro di interesse generale per finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale.
Primo, Secondo e Terzo Settore
Il Primo Settore
Fa riferimento alle istituzioni pubbliche, ovvero strutture e attività direttamente pianificate e gestite dalla Pubblica Amministrazione che provvedono a rispondere ai bisogni esistenziali, di ordine sia funzionale che strutturale.
Il Secondo Settore
Si riferisce alle aziende di mercato, ovvero all’insieme delle strutture e delle attività̀ imprenditoriali che, nel quadro di una politica pubblica o in completa autonomia liberale (mercato), si propongono di trarre profitto economico dalla propria attività.
Che cos’è il Terzo Settore?
Il terzo settore, conosciuto generalmente come settore non profit, identifica gli enti che sono al di fuori del primo settore (quello pubblico) e del secondo settore (quello commerciale).
I soggetti che operano nel terzo settore, dunque, non rientrano nelle istituzioni pubbliche, né sono assimilabili ad aziende che perseguono fini di lucro. Si tratta di enti privati (come quelli presenti nel settore commerciale) che svolgono attività di pubblico interesse (come il settore pubblico) senza scopo di lucro.
La definizione di “attività di pubblico interesse” abbraccia diversi ambiti, come cooperazione internazionale, arte e cultura, religione e culto, ambiente, animali, sport, assistenza sanitaria o diritti civili.
Una delle caratteristiche spesso travisate rispetto a chi opera in questo settore è il fatto che debbano agire senza scopo di lucro, che non equivale a dire senza guadagno o retribuzione per gli operatori. Significa, piuttosto, che i profitti generati devono essere reinvestiti nell’attività dell’organizzazione e non possono essere distribuiti tra i suoi membri o tra i suoi dipendenti.
Il terzo settore, quindi, non fa rima con “volontariato” (il volontariato è una parte importante del terzo settore), ma si tratta di un aspetto fondamentale dell’economia del paese, quella ispirata da finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale condivise.
In Italia, il Terzo settore è stato oggetto di una riforma strutturale con la legge 6 giugno 2016.
La riforma del terzo settore in breve
La legge delega 106/2016 definisce il Terzo settore come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi.
Più in particolare:
- nel Terzo settore non rientrano le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche;
- le disposizioni della legge delega e dei decreti attuativi da questa discendenti non si applicano alle fondazioni bancarie;
- i settori delle attività di interesse generale sono razionalizzati attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di unificare la normativa precedentemente prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però escludere che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti del lavoro di specifici enti del Terzo settore. Inoltre è stato previsto che l’aggiornamento periodico delle attività di interesse generale sia effettuata con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti.
Caratteristiche del terzo settore
L’articolo 6 specifica le caratteristiche necessarie affinché l’impresa sociale possa essere ricompresa tra gli enti del Terzo settore.
In particolare deve:
- Svolgere attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
- Individuare settori di attività propri dell’impresa sociale nell’ambito delle attività di interesse generale comprese nell’elenco unico comune a tutti gli enti del Terzo settore;
- Prevedere forme di distribuzione dei dividendi che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale;
- Favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività;
- Prevedere l’obbligo di redigere il bilancio;
- Coordinare la disciplina dell’impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;
- Prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza;
Codice del Terzo Settore
Il Codice del Terzo Settore – Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 e ss.mm.ii. – ha provveduto al riordino e alla revisione complessiva della disciplina vigente in materia, sia civilistica che fiscale, definendo, per la prima volta, il perimetro del Terzo Settore e, in maniera omogenea e organica, gli enti che ne fanno parte.
I punti più importanti del Codice del Terzo Settore sono:
1. La definizione del perimetro del Terzo settore, enumerando gli enti che ne fanno parte individuati in:
- Organizzazioni di volontariato (ODV),
- Associazioni di promozione sociale (APS),
- Enti filantropici,
- Imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative e società di mutuo soccorso.
Tra i requisiti necessari a definire l’ente del Terzo settore (ETS) vi sono:
- La natura privatistica dell’ente,
- L’elemento teleologico del perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale,
- L’assenza dello scopo di lucro,
- Lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi,
- L’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS).
In particolare l’assenza dello scopo di lucro, si traduce nell’obbligo di destinazione esclusiva delle risorse finanziarie e strumentali dell’ETS al perseguimento degli scopi istituzionali.
2. La definizione dello status di volontario e l’introduzione di norme volte a favorire la promozione e il riconoscimento della cultura del volontariato in ambito scolastico e lavorativo. Il Codice del Terzo settore stabilisce inoltre il principio di gratuità; dell’attività; del volontario, con eccezione del rimborso delle spese sostenute e documentate entro limiti massimi predefiniti, il divieto dei rimborsi forfetari e l’incompatibilità; tra la posizione del volontario e ogni forma di prestazione lavorativa retribuita dall’ente di cui il volontario è; socio, associato o tramite cui presta attività; volontaria.
3. La razionalizzazione dei settori delle attività di interesse generale attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di fondere la normativa attualmente prevista ai fini fiscali con quella prevista ai fini civilistici.
4. La previsione, accanto all’esercizio delle attività di interesse generale, dell’esercizio di attività diverse e la possibilità di costituire uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare.
5. Introduzione di criteri per determinare la natura commerciale o non commerciale degli ETS, tenendo conto delle attività da essi svolte e delle modalità operative concretamente impiegate.
6. L’obbligo per gli enti di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) e di indicare gli estremi dell’iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. L’iscrizione nel Runts dà diritto ad accedere alle agevolazioni previste e dà la possibilità di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche per lo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale.
7. L’obbligo, per tutti gli enti del Terzo settore, di redazione del bilancio.
8. Gli enti con ricavi/rendite/proventi o entrate superiori ad 1 milione di euro sono inoltre obbligati a depositare presso il Registro unico nazionale del Terzo settore, e nel proprio sito internet, il bilancio sociale, tenendo conto della natura dell’attività esercitata e delle dimensioni dell’ente, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte. Più precisamente, gli ETS con ricavi, rendite, proventi o entrate non inferiori a 220.000 euro devono redigere un bilancio di esercizio con stato patrimoniale, rendiconto gestionale e relazione di missione (principio di competenza economica).
9. L’istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
10. La disciplina dei Centri di servizio per il volontariato (CSV), dando attuazione alla revisione del sistema di tali centri, prevedendo per essi specifiche forme di finanziamento e determinati compiti e funzioni.
11. Il “social bonus” ovvero un credito d’imposta a favore di coloro che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore di ODV e APS che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati o di beni mobili o immobili confiscati alla criminalità organizzata.
12. Specifici regimi fiscali agevolati per gli ETS che si iscrivono al Registro unico nazionale.
13. Norme in materia di controlli e coordinamento.